2011
dimensioni 35x45x7 cm
Nel nostro contemporaneo, in cui sempre più spesso la fruizione, comunicazione e produzione di contenuti è indissolubilmente legata alla creazione o alla traduzione digitale, risulta particolarmente importante riflettere sul mezzo e sulla sua referenzialità nel reale. Esiste infatti uno scarto netto tra l’intento rappresentativo ”dell’oggetto digitale” e la sua pura essenza elettrica e logica, che ne costituisce la sua più vera e profonda “forma”.
Ad un semplice carattere di una qualsiasi tastiera corrisponde una precisa codifica, la quale, formata dall’alternarsi di due valori (0 e 1) per otto volte (byte), costituisce di fatto la vera “presenza/essenza” di quel carattere.
“Just Holes?” ripropone la sequenzialità dei valori 0 e 1 che producono una serie di caratteri, riprendendo la logica della vecchia scheda perforata. Queste schede, che si iniziavano già a usare dai primi del ‘700, vennero poi usate per programmare i primi elaboratori già negli anni ’20. Ogni buco effettuato nella scheda corrispondeva ad un passaggio di elettricità nel sistema, che riusciva così a riconoscere una sequenzialità di istruzioni da eseguire.
La serie di caratteri che nascono dalla codifica binaria della sequenza dei buchi formano tautologicamente la frase: “just holes?” In linea teorica infatti, inserendo le sequenze dei byte descritte nell’opera, un elaboratore ricostruirebbe questa frase. “Just Holes?” è la formalizzazione di un ipotetico algoritmo sviluppato in linguaggio macchina.